Il saggio che pubblichiamo è un estratto del libro «Acta montium. Le malghe delle Giudicarie» e si divide in due parti. All'inizio della trattazione ci occuperemo di una contesa per pascoli degli inizi del XIII sec. tra la Pieve di Condino e quella di Bono. Ci riferiamo alla questione del possesso del «Campo Griareço», un pascolo che si sviluppava a cavallo del Pas da Bondol, sul confine tra le due comunità. La vicenda è specchio di una storia che non c'è più ed è infatti forse l'ultimo capitolo di quella che deve essere stata una lenta e sicuramente non facile definizione dei confini dei monti tra le due Pievi. La seconda parte del saggio affronta invece la storia di Malga Clef o - più correttamente - del monte di Clef, un territorio che comprendeva anche l'odierna Clevet. Analizzando la spartizione del monte di Clef possiamo disegnare con una certa chiarezza il quadro delle divisioni dei monti all'interno della Pieve di Bono, un complesso processo durato alcuni secoli che si è cristallizzato in quei possessi che conosciamo oggi.
(estratto da «Acta montium. Le malghe delle Giudicarie» – pp. 87-89) Tra i che più hanno lasciato traccia nelle fonti storiche troviamo il « », il nostro . Questo vasto bene montano appare per la prima volta nelle antiche carte nel in occasione della controversia sorta tra la Pieve di Condino (con le sole ville di Condino, Brione e Cimego) e la Pieve di Bono per la zona pascoliva del « » detta « »
Mons Clevi e il Campo Griareço
monti
mons Clevi
Clef
1221
ab Herta infra
mons Clevi
Campo Griareço
, un’area che - come si vedrà - sorge tra e stesso. Si trattava di una delle ultime liti sorte tra le Pievi per il possesso dei ; altre – che probabilmente sono anche avvenute
Bóndol
Clef
monti
– devono aver avuto luogo in secoli durante i quali non esistevano fonti scritte. Scendendo nello specifico, alla Carta Defensionis redatta a Creto il 5 settembre 1221682 – in cui già appare un «Campo Griareço683» – seguì l’importante Carta Terminationis del 14 settembre684, che nel suo passaggio chiave riportava ciò685: …tutti costoro giurarono sui santi vangeli, stabilendo che dal culmine del monte Remà seguendo il corso d’acqua che scende per esso fino ad una croce antica su di un masso, dalla stessa croce ad un’altra nuova posta sulla piccola sommità del Campo Griarezo, e ad una terza croce situata su di una roccia presso la forcella che è a mezzogiorno, seguendo il sentiero che scende per il valloncello sino ad un cippo e poi risale, così come indicano tali confini e croci, solo la parte verso Bono spetta alla Pieve di Bono e non spetta in alcun modo a quelli di Condino né di Cimego né di Brione. Stabilirono inoltre che il bestiame della Pieve di Condino non debba alpeggiare né pascolare né in alcun modo restare al di qua di detti con fini686. Ebbene, al centro di questa nuova terminazione – di difficile comprensione, quantomeno ad una prima lettura – troviamo il «Campo Griareço», un toponimo che è sopravvissuto al corso dei tempi e che oggi è presente nella toponomastica di Condino con la forma Cambrialec’. Infatti, esaminando bene questo nome riferito alla costa pascoliva che si sviluppa a ridosso del Pas da Bóndol, ben si può leggere un ‘Cap Grialec’’alla base. Siamo dinanzi alla chiave di lettura di molti similari toponimi presenti in tutte le Giudicarie: a Lardaro-Tione il crinale tra Maima e Campèi è detto Cambiarèc’, mentre similmente a Daone, ad E di Röla, troviamo Cambriariec’ (nel 1343 «a Cambriarezo687») e, infine, a Bolbeno è presente la sola forma Grialèc. Il significato è chiaro: si trattava di un pascolo destinato al bestiame ovino; infatti, il Lorenzi riporta un «Grea, gra, gre, greggia da cui Griaro e Campo Griarezo. - Val Cad. 1506 debbino tuor un Griaro o sia un pastor delle pecore688», mentre, avvicinandoci, a Roncone è registrata la voce «grièr - sm sing. pl. - antic. pecoraio, da gregge: gregèr689». In definitiva, con «Campo Griareço» si intendevano i pascoli posti attorno al Pas da Bóndol; troverebbe pertanto anche senso la descrizione del 1221: la «colmesella de Campo Griareço690» parrebbe essere il dossetto che si sviluppa subito a NO del Pas da Bóndol, la sella che – non a caso – è detta essere la «forcellam que est a maeridie691». A riprova di questa interpretazione, ancor oggi proprio tra questi punti corre il confine tra Condino e Cologna/Creto. La «colmesella de Campo Griareço» (2009) Ritornando al ‘mons Clevi’, quando nelle antiche fonti si parla di Clef non bisogna solo intendere l’odierna Malga Clef e le sue pertinenze ma, al contrario, va considerata anche Malga Clevet: infatti – come vedremo – un tempo la vicina Clevet era pienamente parte dello stesso monte692. Del resto, a differenza degli ultimissimi secoli, un tempo Clef era goduto in comune all’interno della Pieve di Bono; importanti furono allora le regolamentazioni delle vie di transito del bestiame. Nell’ottobre del 1288 si statuì che le malghe destinate «ad montem Clevi debent ire per Bonopratum et per Riborum693», dunque – sempre in merito a queste vie di transito – nel settembre del 1305, quando le genti della Pieve di Bono si incontrarono per «discernere, dividere et determinare comunia plebatus de Bono ac divisos694», si statuì che «item malge montis Clevi et Lavanegi debeant possint (sic) albergare si volunt eundo et veniendo in Castegnocolo et in Vaschalva, et tota silva comunis a pratis divissis extra a Castegnocolo intus695». Si trattava delle zone pascolive o prative poste lungo il tragitto, cioè di Vascalva nel fondovalle della Val de Ribur e Castignòcol, sito più a valle a non molta distanza da Langrarì (Anglarì). Oltre a queste poi era utilizzata anche la località di Ribur, sia pur mediante le antiche consuetudini, giacché «de Reboro dixerunt sicut dixerunt antiqui696». Il monte di Clef fu delineato per la prima volta nel 1343 all’interno dell’importante documento del 14 dicembre che regolava i cenezi (i pascoli) sui monti della Pieve di Bono: «Zenezus Clevi est a palude Tressi sursum a Rimano infra et a Salinis intra versus casinam Clevi697». Ebbene, con «Rimano» s’intendeva la cima di Remà (‘Riman’)698, mentre con «a palude Tressi» la località di Très. Nei secoli successivi il monte di Clef fu anche al centro dell’atto del 24 aprile 1526 (il documento Sortes montium comunium) col quale i tre concili di Creto, Daone e Praso sorteggiarono tra di loro i monti comuni699; in quest’occasione i montes «Clevi, Levenegi et Leni700» furono assegnati al concilio di Daone (Daone, Strada e Por). Il Gras de Cléf (2014) Successivamente, in seguito alle vicende del biennio 1612-1613701, Clef ovvero il «montem de Clef cum suis silvis702» confinante …prope versus mane locum dictum il Campel de Narle partimque prata dalle Baite, a meridie homines de Castello partimque homines de Condino, a sero partim ipsos homines de Condino et partim montem de Cleabà perillustris domini comitis Petri Alloysii de Lodrono et Castro Romano et pro parte dictum montem Nuae, a septemtrione praedictum locum La Coalada cum aliis adhaerentiis ac cohaerentiis[…]703, fu assegnato definitivamente al concilio di Creto704, ossia alle ville di Creto, Clusone, Cologna, Bersone, Formino, Prezzo e Levido. Al pari di quanto successo per i concili di Daone (nel 1613) e di Praso (nel 1617), in questi anni ebbe luogo un’altrettanta divisio montium in seno al concilio di Creto, che con ogni probabilità è da datarsi nei due decenni precedenti al 1629. Del resto, sappiamo che …nel 1629 gli uomini di Bersone e Formino possedevano i quattro settimi indivisi del “monte detto il Len”; gli altri tre settimi appartenevano “alla comunità di Clusone, Creto, Levido e Cologna”705. Da questa informazione ricaviamo delle importanti nozioni circa lo stato delle cose agli inizi del XVII sec. La divisio montium in seno al concilio di Creto vide il formarsi di tre distinte comunità, ovverosia la comunità di Creto con Clusone, Levido e Cologna da una parte, la sola comunità di Prezzo dall’altra ed infine quella di Bersone con Formino come terza. Del resto anche lo stato attuale delle cose rispecchia queste condizioni che ben si prestano ad essere il risultato di una divisio fatta in quei tempi. Sappiamo in particolare che i monti di Lavanech e una parte del Lè andarono a Bersone-Formino, che una parte di Clef (Clevet) e Boazzöl furono assegnati a Prezzo e che il rimanente di Clef, parte del Lè706 ed il Nozzöl spettarono invece alle ville di Creto, Levido, Clusone e Cologna707. Clef venne pertanto divisa in due parti; ciò è chiaro anche riferendoci allo stesso toponimo di Clevet: siamo dinanzi ad una forma diminutiva di ‘clef’, quasi a volerne enfatizzare una dimensione più ridotta. Ora, un percorso storico del tutto similare che non possiamo non menzionare è quello che ha caratterizzato le malghe Stabulun e Stabulet, un tempo parte dell’unico monte di Stabol708.
680. Cfr. F. Bianchini, Le pergamene dei secoli XIII-XV dell’archivio comunale di Condino, in Gruppo storico-culturale «Il Chiese», Passato Presente, contributi alla storia della Val del Chiese e delle Giudicarie, Quaderno n. 6, Storo, Gruppo storico-culturale «Il Chiese» - Cooperativa «Il Chiese», 1984, p. 118. 681. Su tutti basti pensare alle malghe e selve di Maresse, Narun e Table, dei territori posti in aree di facile pertinenza della Pieve di Bono. 682. Cfr. F. Bianchini (a cura di), Le più antiche pergamene dell’archivio comunale di Condino (1207-1497), cit., pp. 13-16. 683. Ivi, p. 15. 684. Cfr. ivi, pp. 17-18. 685. Si tratta di una fedele traduzione del Bianchini. 686. F. Bianchini, Le pergamene condinesi del Duecento, cit., p. 29; cfr. F. Bianchini (a cura di), Le più antiche pergamene dell’archivio comunale di Condino (1207- 1497), cit., p. 18. 687. F. Bianchini (a cura di), Pergamene delle Giudicarie XXI - Roncone, Archivio Comunale I, cit., p. 52. 688. E. Lorenzi, Dizionario Toponomastico Tridentino,cit., p. 386. 689. G. B. Salvadori, Ghe pàrlo àla mè set - Vocabolario del dialetto di Ronco-ne, cit., p. 223. 690. F. Bianchini (a cura di), Le più antiche pergamene dell’archivio comunale di Condino (1207-1497), cit., p. 18 691. Ibidem. 692. Ciononostante, vista la sua grandezza, è verosimile che fosse già allora diviso in due (o più) malghe assegnate a seconda ad una o ad un’altra villa di un concilio. 693. G. Papaleoni, Tutte le opere. Le più antiche carte della Valle del Chiese (vol. V), cit., p. 99; cfr. ivi, p. 98. 694. F. Bianchini (a cura di), Pergamene delle Giudicarie XXI - Roncone, Archivio Comunale I, cit., p. 33. 695. Ivi, p. 34. 696. Ivi, p. 35. 697. Ivi, p. 53. 698. Facilmente siamo di fronte ad una particella iniziale di re/ri per rio, per cui di un 'Re-Man', con questo etimo 'Man' che potrebbe essere una forma accostabile ai vicini toponimi di Manon (accrescitivo) e Manoncin (diminutivo). Curiosamente poi si tratta del terzo toponimo presente in quest’area che avrebbe questa radice. Oltre a Remà (‘Riman’) troviamo Ribur (‘Rebor’) e Remèz ('Re de Mez'?). 699. Cfr. F. Bianchini (a cura di), Pergamene delle Giudicarie I - Pieve di Bono, Archivio Comunale, Centro Studi Judicaria, 2007, p. 30. 700. Ivi, p. 32. 701. Cfr. Röla prima e dopo il Biennio del 1612-1613 - p. 150. 702. F. Bianchini (a cura di), Pergamene delle Giudicarie XXXVIII – Daone V, Archivio di Stato di Trento, Fondo Pergamene dei Comuni – Comune di Daone, cit., p. 620. 703. Ibidem. 704. Invero, come si dirà, vi fu una permuta tra il concilio di Creto e quello di Daone che di fatto ha ribaltato il precedente verdetto del 27 settembre 1612. 705. Pieve di Bono Notizie, La valle del Leno: ieri, oggi …e domani?, in ‘Pieve di Bono Notizie’, n. 50 (giu. 2007), Pieve di Bono, 2007, p. 5; grassetto nostro. 706. Venduta poi a Bersone nel 1828; cfr. Il Leno - p. 106. 707. Inoltre il concilio deve aver venduto, permutato, o proprio lasciato (cfr. Röla prima e dopo il Biennio del 1612-1613 - p. 150) la parte del Redötan assegnatagli a Daone, presumibilmente dunque ai tempi della permuta del 1613. 708. Vedi 1617: da Stabol nascono Stabulet e Stabulun - p. 158.